19 Ott A VOLTE RITORNANO….I TRAUMI INFANTILI TRA PRESENTE E PASSATO
Le persone mi chiedono aiuto per svariati problemi che non sto ad elencare ma che creano loro disagio e sofferenza. Spesso è un malessere che dura da molti anni o da sempre e che col passare del tempo ha trovate diverse forme di espressione, più o meno mascherate (i cosiddetti sintomi).
Hanno cercato di sopportarlo o tollerarlo attraverso diverse strategie più o meno inconsapevoli e più o meno efficaci. Spesso il rimedio a lungo andare si è rivelato peggiore del problema iniziale.
Ad esempio, molte persone cercano rassicurazione dalle loro paure attraverso rituali “magici” che poi diventano sempre più elaborati ed ingestibili (ripetere in modo automatico e coattivo gesti o pensieri, i cosiddetti disturbi ossessivi-compulsivi). Oppure cercano di sfuggire alla solitudine ed alla noia diventando dipendenti e quindi prigioniere di relazioni disfunzionali, in cui sono oggetto di continue squalifiche, rifiuti , o addirittura di maltrattamento o violenza.
In entrambi i casi , così diversi tra di loro, con il progredire della terapia i pazienti rimangono sbalorditi nello scoprire come i disturbi di cui soffrono nel presente siano strettamente collegati ad esperienze negative vissute in adolescenza o nell’infanzia . Magari proprio in quell’infanzia che inizialmente avevano descritto come “bellissima” , avendo cancellato dalla memoria esplicita eventi terribili.
Le esperienze avverse o traumatiche subite in età infantile sono presenti in modo diffuso in tutta la popolazione.
Qualsiasi esperienza in cui il bambino sperimenta oppressione, paura o dolore, insieme ad una sensazione di impotenza, può essere considerato un trauma infantile. Questo è dovuto al fatto che i bambini sono molto impressionabili e il loro livello di esperienza non è tale da dare loro una visione equilibrata della vita e di loro stessi.
Tendono a fidarsi molto degli adulti, soprattutto delle figure genitoriali che hanno una grande credibilità ai loro occhi. Quindi, se l’adulto fa o dice qualcosa di negativo o di grave il bambino attribuisce la colpa a se stesso, non ai problemi dell’adulto.
I bambini provano dolore nello stesso modo degli adulti quando vengono esposti a eventi gravi come la morte di un familiare o una malattia o una violenza nei loro confronti. Quindi, i bambini sono soggetti a provare stati di ansia ed emozioni come rabbia, colpa,tristezza, mancanza e senso di impotenza.
In genere gli adulti, non riconoscono o sottovalutano l’impatto traumatico degli eventi sui bambini anche piccolissimi: “Ero troppo piccolo …non mi sono accorto di niente…ricordo solo che in quel periodo è iniziata la paura dei ladri…” ; “Mia figlia era una bambina serena …quando lui urlava e mi spingeva contro il muro lei continuava a guardare i cartoni…forse perché poi le dicevo che io e il papà stavamo scherzando…”
Indipendentemente dal fatto di essere coinvolti direttamente nell’evento, i bambini si rendono conto e sentono quando sta succedendo o è successo qualcosa di grave. Lo captano dall’espressione sul volto dei genitori, dai segnali che sentono dell’ambiente. Nei bambini la comunicazione non verbale è il più potente canale di informazioni. L’immaturità delle capacità logiche e del linguaggio viene ampiamente compensato da questa capacità di sentire a livello propriocettivo, cioè attraverso le emozioni e le sensazioni corporee.
Sia che i genitori litighino più o meno rumorosamente oppure che si ignorino esprimendo ostilità o indifferenza, anche se il bambino sembra concentrato sul gioco, stiamo certi che è in allarme, prova paura, smarrimento, confusione, colpa, vergogna.
Nella nostra cultura abbiamo la tendenza a proteggere i bambini dal dolore e dalla sofferenza. Pensiamo che i bambini siano troppo piccoli per capire e li teniamo all’oscuro di eventi avversi o traumatici facendo finta di niente, parlando a bassa voce, oppure raccontando loro delle bugie
.Se si tace, si è vaghi o menzonieri si lascia il bambino da solo con i suoi pensieri, con la sua immaginazione, con domande senza risposta e con tutta l’incertezza che questo crea. Se non viene data alcuna informazione lasciamo il bambino in preda alle sue fantasie, che in genere sono peggiori della realtà . Le fantasie negative possono provocare un senso di ansia e di terrore che lasceranno segni permanenti e che si manifesteranno in seguito come vulnerabilità fisica o psichica.
I bambini in genere hanno difficoltà a esprimere le loro emozioni con le parole, perché loro stessi non sanno decifrare e dare un nome a ciò che provano. E’ importante osservare il comportamento e le reazioni del bambino: irrequietezza, agitazione, scoppi di rabbia, paura del buio, problemi di sonno, incubi e paura dell’abbandono. Possono anche riferire sintomi fisici come mal di testa o di stomaco. Quando i bambini scoppiano a piangere o diventano molto tristi apparentemente senza motivo, allora può voler dire che stanno lottando con il dolore e che hanno bisogno di aiuto.
E’ importante dare messaggi chiari, trasmettere al bambino le informazioni in modo aperto e sincero, soprattutto di quello che è successo, di quello che sta succedendo e di quello che succederà . Le spiegazioni devono tenere conto ovviamente dell’età del bambino e bisogna usare parole semplici che il bambino è in grado di comprendere.
I genitori sono le persone più indicate per informare e preparare il bambino; se questo non è possibile allora deve farlo una persona che il bambino conosce bene, di cui si fida.
Deve esserci il tempo e la tranquillità necessaria per parlare.
L’adulto deve ascoltare le domande del bambino e rispondere con sincerità , accettare e rispettare le sue emozioni. I bambini reagiscono in modo diverso, alcuni piangono o protestano oppure negano la realtà, altri dimostrano apatia e si comportano come se non avessero sentito quello che gli è stato appena spiegato ma devono avere la possibilità di poter riprendere l’argomento con le loro domande e di ricevere risposte sincere. Se non ci sono risposte, allora bisogna dire al bambino “Non lo so”.
Nel caso in cui i genitori, per i motivi più disparati, non sono in grado di aiutarlo, è opportuno chiedere aiuto ad uno psicologo.
In base alla situazione specifica lo psicologo può lavorare con i genitori per guidarli su come parlare ed agire con i figli, i oppure, se questo non è sufficiente, può fare sia sedute con il bambino o con bambino e genitori insieme.
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Dott.ssa Loredana Tromboni Psicologa Psicoterapeuta Psicoanalista Specialista in Psicologia Clinica
Ricevo nei miei studi di Monza e Desio previo appuntamento
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