26 Ott LA RESILIENZA AL TEMPO DEL COVID
Come riprendersi dagli effettivi psicologici della Pandemia
La resilienza è la capacità di affrontare le sfide e le crisi della vita con abilità ed efficacia. Essere resilienti – cioè capaci di superare e riprendersi dalle delusioni, dalle difficoltà e persino dalle catastrofi inevitabili per la nostra condizione umana – è lo strumento più importante della nostra “cassetta degli attrezzi per la sopravvivenza”. Al di là di quanto diventiamo abili, competenti, esperti e saggi, nessuno può proteggersi completamente dalla realtà della vita. A volte, infatti, accadono “cose brutte alle brave persone”.
Nessuno è immune dal dover fronteggiare le difficoltà della vita, dai più piccoli inconvenienti alle più grandi catastrofi. Oggi come ieri abbiamo bisogno di essere guidati e supportati nell’affrontare le tragedie e le insicurezze causate dalla pandemia da coronavirus.
La resilienza è il processo di adattamento positivo alle avversità, ai traumi, alle tragedie, alle minacce o a fonti significative di stress.
Psicoterapia per rafforzare la resilienza
Gli psicologi in questo difficile momento sono chiamati in causa per aiutare le persone ad acquisire maggiore abilità, a essere più adattabili, più flessibili e a credere di più in sé stessi, in modo da rispondere al meglio ai cambiamenti rapidi e alle perdite dolorose che ci troviamo a vivere in questo triste periodo. Il rafforzamento della resilienza è al centro del processo terapeutico, è l’essenza del lavoro dello psicoterapeuta.
Essere resilienti
“Essere resilienti non significa sfuggire alle avversità o rimanere impassibili di fronte alle difficoltà. Significa permettere allo stress di risvegliare in noi quei punti di forza fondamentali dell’essere umano: coraggio, connessione e crescita. Che si osservi la resilienza in un manager stressato, in una comunità devastata dalla guerra, in un militare schierato sul campo, in un migrante o rifugiato, in chi vive in povertà, lotta contro il cancro o cresce un figlio autistico, il filo conduttore che emerge è sempre lo stesso…”
Come lasciarsi trasformare dalle difficoltà
Le persone resilienti permettono all’esperienza dell’avversità di cambiarle. Mantengono un senso di fiducia in sé stessi. Inoltre, trovano modi per dare significato alla sofferenza. Essere resilienti non significa evitare le difficoltà, bensì svolgere un ruolo attivo nel definire in che modo lasciarsi trasformare dalle difficoltà.
Quindi, per comprendere il concetto di resilienza, dobbiamo partire dal fatto che tutti noi abbiamo diverse possibilità di scelta rispetto a come reagire alle minacce e ai timori evocati dall’attuale pandemia. Possiamo dire che “il modo in cui reagiamo al problema…è il problema.”
Covid e gravità degli eventi stressanti
Un altro aspetto centrale per comprendere la resilienza è il seguente: la gravità degli eventi stressanti esterni è sempre un fattore determinante. È ben diverso, infatti, trovarsi a gestire un’ammaccatura sulla nostra auto, restare feriti in un incidente, o causare la morte di un bambino in uno scontro con un’altra auto. Ma è altrettanto determinante la forza delle risorse esterne soprattutto di questi tempi: Rischia di perdere il lavoro o la casa? Ha una famiglia o una comunità che lo supportano e su cui può contare come fonte di protezione e di risorse? Oppure viveva in una condizione di isolamento anche prima che scoppiasse la pandemia?
Conoscere i propri Punti di forza e trasformarli in risorse
La protezione esterna aiuta, ma non sostituisce i fattori di protezione interna, cioè le nostre risorse psicologiche, emotive e relazionali, di cui possiamo essere o non esser consapevoli.
Potremmo anche scoprire punti di forza che non sapevamo di avere, trovandoci a dover affrontare nuove situazioni e sfide. Trovandoci a gestire in prima persona l’educazione scolastica dei propri figli da casa, o a dover organizzare una cerimonia su Zoom per commemorare un amico/parente che è mancato.
Problemi di ansia e paura
Tuttavia, potremmo anche avere l’impressione che alcuni dei nostri punti di forza siano spariti. Potremmo avere problemi legati all’ansia, alla paura, alla rabbia, alla tendenza a rendersi insensibili o a ritirarsi. Si tratta di risposte piuttosto comuni del sistema nervoso dinnanzi a un pericolo o a una minaccia di morte.
Lo psicologo può a ripristinare il nostro equilibrio di base, a rientrare nel loro range di resilienza, in modo tale da poter reagire alle sfide di queste circostanze così mutevoli con abilità, efficacia e saggezza.
Resilienza: capacità che può essere appresa e allenata
Grazie alla neuroplasticità innata del cervello umano, la resilienza è un diritto di nascita, nonché una capacità che può essere appresa e allenata. La resilienza è un “allenamento” mentale fondamentale, onnicomprensivo, che può trasformarsi in una vera e propria mentalità, in un modo di essere.
È possibile imparare a pensare-sentire-comportarsi in modo più resiliente, evitando così che la potenziale catastrofe che ci sovrasta diventi un agente traumatizzante.
Il nostro corpo-cervello risponde a qualcosa di nuovo o di ignoto con l’ansia segnale: “Oh-oh. C’è qualcosa che non va. Non ho mai vissuto questa situazione prima d’ora.”
Imparare a regolare le nostre emozioni
Migliorare la resilienza allo stress
È quindi importante imparare a utilizzare una serie di strumenti per regolare il sistema nervoso e gestire tutte le emozioni, soprattutto quelle negative o perturbanti. Questo aiuta a rimanere focalizzati su di noi, preservare l’equilibrio di base, a restare nel proprio range di resilienza.
Le nostre prime risposte dinnanzi a un senso di pericolo o una minaccia di morte sono le cosiddette “risposte di sopravvivenza”, insite all’interno del nostro sistema nervoso.
Il nostro cervello sa che – e potremmo averlo già vissuto in prima persona – quando tutto diventa caotico e la situazione sembra precipitare, la prima cosa da fare è rivolgersi agli altri per ottenere sicurezza e protezione, per essere rassicurati e guidati.
Chiedere aiuto
Tuttavia, questo tipo di supporto da parte nostra, della famiglia o degli amici talvolta non è sufficiente per bloccare l’escalation del sistema nervoso del cliente, completamente in preda al panico o al terrore, né per fungere da rete di sicurezza che impedisca a quest’ultimo di collassare o di spegnersi (shut down).
Spesso è difficile ripristinare uno stato di calma e rilassamento all’interno del corpo-cervello, pur restando vigili e in grado di interagire. Questo vale per tutti coloro che soffrono di problemi di ansia o tendenze alla depressione, siano essi comparsi nel presente o già presenti in passato.
Strumenti centrati sul corpo: respirazione, contatto e movimento
Quando ci si accorge che il nostro sistema nervoso sta andando su di giri (siamo terrorizzati, nel panico, arrabbiati o furiosi, non riusciamo a pensare con chiarezza), il modo più efficace per ripristinare rapidamente lo stato di baseline del sistema nervoso è utilizzare strumenti centrati sul corpo: la respirazione, il contatto e il movimento.
Respirazione: strumento per regolare il sistema nervoso
Come ci insegna la tradizione millenaria dello yoga, la respirazione è il primo strumento da cui partire per regolare il sistema nervoso. Tra le diverse tecniche di respirazione, suggeriamo la respirazione quadratica o “della scatola” (box breathing).
Esercizi di respirazione
Inspiriamo, contando fino a 4; tratteniamo il respiro, contando fino a 4; espiriamo, contando fino a 4; tratteniamo di nuovo il respiro, contando fino a 4. La respirazione regola il sistema nervoso; faremo pratica tra un istante.
Contare, invece, implica che la parte superiore del cervello resti attiva. Un’attenzione focalizzata sul contare, l’utilizzo di simboli, delle parole, tutto questo richiede che la parte superiore del cervello resti connessa, il che risulta fondamentale per scegliere come agire quando siamo spaventati.
Il contatto porta a calma e sicurezza
Il contatto è uno dei modi più rapidi sia per calmare che per rienergizzare il sistema nervoso, nonché per ripristinare un senso di sicurezza. Un contatto affettuoso, sicuro consente il rilascio di ossitocina, l’ormone della sicurezza e della fiducia, della calma e della connessione. È l’antidoto diretto e immediato contro il cortisolo, l’ormone dello stress.
Ecco perché, quando siamo turbati, una mano sulla spalla o l’abbraccio di una persona con cui ci sentiamo al sicuro, può essere così confortante e calmare il nostro sistema nervoso.
Suggeriamo la “tecnica della mano sul cuore”
- Poggiate la mano al centro del cuore, in modo da sentire il calore e il tocco sicuro della vostra mano. Respirate dolcemente, profondamente, attraverso l’area del cuore. Se volete, inspirate una sensazione di pace, sicurezza o benessere e indirizzatela al centro del cuore.
- Ricordate un momento, soltanto uno, in cui vi siete sentiti al sicuro, amati e adorati da un altro essere umano. Non cercate di ricordare ogni cosa di quella relazione, basta un momento. Potrebbe essere un genitore, un figlio, un amico, un terapeuta, un insegnante, persino una figura spirituale. Potrebbe andar bene ricordare anche un momento amorevole con un animale domestico.
- Mentre ricordate un momento in cui vi siete sentiti al sicuro, amati e adorati, vivete a pieno le emozioni di quel momento, lasciando che le sensazioni attraversino il vostro corpo. Rimanete con quelle emozioni per 20-30 secondi. Focalizzatevi sulla sensazione di pace e di sicurezza, rilevando eventuali mutamenti di intensità.
Il nostro corpo è fatto per muoversi e per avvertire un senso di energia e di benessere quando ci muoviamo. Ogni volta che ci muoviamo e cambiamo postura, andiamo a modificare la nostra fisiologia, il che genera – a sua volta – un cambiamento dell’attività del nostro stato emotivo riducendo lo stato di stress, eccitazione, shut down, collasso o calma. È quindi possibile utilizzare intenzionalmente il movimento per modificare le nostre emozioni e il nostro umore.
Tecnica della posizione del potere
Una tecnica interessante e facile da acquisire è “la tecnica della posizione del potere” utilizzata per modificare lo stato del corpo-cervello, trasformando ansia o tensione in forza e calma.
In piedi, in posizione ben eretta, tenete i piedi ben piantati al suolo e le gambe leggermente divaricate. Raddrizzate la spina dorsale, sollevate il torace e la testa, stendete le braccia sopra la testa, come nella posizione yoga della montagna (tadasana).
Rimanete fermi, con i piedi, le anche e il tronco ben saldi, ma sentite l’energia muoversi verso l’alto, scorrervi attraverso la spina dorsale, le braccia e la sommità del capo, verso il cielo. La parte essenziale di questa posizione è il movimento dell’energia verso l’alto.
Un altro esercizio relativo al movimento consiste nell’alternare una posizione che esprima ansia o preoccupazione alla posizione del potere, per circa 5 minuti. Si abbandona gradualmente la posizione della preoccupazione, mantenendo la posizione del potere, della forza e del coraggio.
Gestire le emozioni ai tempi del coronavirus
È fondamentale imparare ad ascoltare e regolare le proprie emozioni, senza lasciarsi sabotare da esse e senza sprecare enormi quantità di energia psichica per respingerle.
Il semplice fatto di vivere durante una pandemia evoca varie emozioni, che possono essere diverse in diversi momenti della giornata. Che i clienti si fidino o meno delle proprie emozioni, che sappiano gestirle o meno, che tali emozioni piacciano loro oppure no, quest’ultime filtrano costantemente le loro percezioni e guidano (a volte in modo errato) il loro modo di rispondere a qualsiasi esperienza vivano. In altre parole, le emozioni svolgono un ruolo chiave nel determinare la capacità del cliente di riprendersi da qualsiasi avversità.
L’inclinazione alla negatività
L’ inclinazione alla negatività si è evoluta nel corso di milioni di anni per aiutarci a prestare più attenzione alle esperienze negative, spiacevoli e pericolose piuttosto che a quelle positive, piacevoli e sicure, in modo da sopravvivere, sia come individui che come specie.
Pertanto abbiamo maggiore probabilità di prestare attenzione alle esperienze e alle emozioni negative (es. irritazione, solitudine, imbarazzo), rispetto a quelle positive (es. stupore, soddisfazione, tranquillità).
Questa tendenza, in questo momento, ci serve per proteggerci dal pericolo socio-emotivo relativo alla minaccia di restare lontani dalle persone da cui dipende la nostra sopravvivenza e il nostro benessere. Il cervello ha una natura sociale poiché l’essere umano è un animale sociale. Questa inclinazione alla negatività è imprescindibile.
Quando reagiamo ai pensieri negativi con rabbia, vergogna o paura, possiamo diventare reattivi e perdere la nostra resilienza. Tuttavia, ogni emozione, ogni sensazione presente nel corpo è finalizzata ad avvertire il cervello, inducendolo a prestare attenzione a qualcosa. L’emozione stessa è un segnale che avvisa il nostro cervello: “Fa attenzione! Sta succedendo qualcosa di importante!”.
Le emozioni sono segnali che ci inducono ad agire
Ogni emozione, anche quelle che consideriamo negative, disturbanti o perturbanti, è un segnale che ci spinge a muoverci. L’etimologia stessa della parola “emozione”, dal latino e-movere, cioè muoversi/agire, implica un movimento. Inoltre, sappiamo che tutte le emozioni implicano delle tendenze adattive all’azione.
La rabbia è un segnale che ci spinge a protestare contro un’ingiustizia, un tradimento, un’umiliazione; è spesso il primo stimolo per uscire dalla vergogna o dalla depressione. La tristezza è un segnale che ci spinge ad avvicinarci agli altri per ricevere conforto e supporto (o per confortare e supportare gli altri). La paura è un segnale che ci spinge ad allontanarci da tutto ciò che è pericoloso o tossico. Il senso di colpa, quando comporta un rimorso sano, ci spinge a chiedere scusa e riparare a un torto.
Le nostre emozioni sono un catalizzatore essenziale all’origine di ogni nostro gesto, sono un segnale che ci induce ad agire e, dunque, sono indissolubilmente collegate alla nostra resilienza.
L’ABC del lavoro con le emozioni
Le emozioni problematiche possono comunque essere presenti ed elaborate utilizzando la tecnica dell’ABC. La strategia identificata dall’acronimo ABC è semplice da ricordare e può essere facilmente utilizzata per lavorare sulle proprie emozioni.
Diventare consapevoli
A (aware, attuning, allowing, accepting): diventiamo consapevoli di ciò che sta accadendo (e delle nostre reazioni a ciò che sta accadendo); ci sintonizziamo con il felt sense, cioè la sensazione sentita, della nostra esperienza e delle reazioni a quest’ultima; accogliamo ciò che sta accadendo e le nostre reazioni a ciò che sta accadendo; accettiamo che questo è ciò che sta accadendo, nonché il modo in cui noi stessi – e le nostre parti interiori – stiamo reagendo a ciò che sta accadendo, accettando persino le reazioni alle reazioni, alle reazioni.
Stare con le emozioni disturbanti
B (being with, be-friending): stiamo con le emozioni (le sensazioni corporee, i pensieri o le credenze) disturbanti prima di provare a cambiarle o ad aggiustarle; facciamo amicizia con le nostre emozioni, consapevoli che qualsiasi emozione o sensazione è un segnale che ci chiede di prestare attenzione a qualcosa di importante che sta accadendo, prima di provare a cambiare o ad aggiustare le cose.
Compassione
C (compassionate connection, curiosity): il connubio tra connessione e compassione consente il rilascio di ossitocina, la quale permette al sistema nervoso di ripristinare il proprio equilibrio di base, ossia quella zona di sicurezza, quello stato di grazia in cui non siamo né troppo su di giri né troppo spenti. La neurocezione della sicurezza è all’origine della neuroplasticità del cervello, che stimola apprendimento e crescita. È il connubio tra connessione e compassione a creare quel senso di sicurezza. Per quanto riguarda la curiosità, quando un cliente si sente sufficientemente al sicuro, può diventare curioso e chiedersi cosa sta cercando di dirgli una determinata emozione.
Resilienza ed emozioni
Venticinque anni di ricerche nell’ambito delle neuroscienze e delle scienze comportamentali hanno contribuito a dimostrare, in modo irrefutabile, che coltivare le emozioni positive e prosociali (come la gentilezza, la compassione, la gratitudine, la gioia, lo stupore) modifica il funzionamento del cervello, tramutando negatività, reattività e chiusura in maggiore ricettività, apertura nei confronti dell’apprendimento, capacità di avere una visione d’insieme e di adottare una prospettiva più ampia (derivante dal fatto che la parte superiore del cervello torna a essere operativa), nonché maggiore ottimismo. Il risultato diretto e misurabile di tutto ciò è, appunto, la resilienza. Dunque, l’utilizzo di queste pratiche non è finalizzato soltanto a sentirsi meglio, ma anche ad agire in modo migliore.
Contatta la psicologa di Monza
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Coloro che desiderano un aiuto psicologico per migliorare la propria resilienza allo stress, eventi avversi, minaccia, perdita di persone care possono contattare la dott.ssa Loredana Tromboni psicologa, psicoterapeuta, psicoanalista a Monza e Desio.